GIORNATA DELLA MEMORIA, CON AICS RIPARTIRE DALLA SCUOLA CONTRO L’OBLIO
«A molti, individui o popoli, può accadere di ritenere, più o meno consapevolmente, che “ogni straniero è nemico”. Per lo più questa convinzione giace in fondo agli animi come una infezione latente; si manifesta solo in atti saltuari e incoordinati, e non sta all’origine di un sistema di pensiero. Ma quando…
GIORNATA DELLA MEMORIA, CON AICS RIPARTIRE DALLA SCUOLA CONTRO L’OBLIO
«A molti, individui o popoli, può accadere di ritenere, più o meno consapevolmente, che “ogni straniero è nemico”. Per lo più questa convinzione giace in fondo agli animi come una infezione latente; si manifesta solo in atti saltuari e incoordinati, e non sta all’origine di un sistema di pensiero. Ma quando questo avviene, quando il dogma inespresso diventa premessa maggiore di un sillogismo, allora, al termine della catena, sta il Lager». È quanto scriveva nel 1947 Primo Levi, nella prefazione alla prima edizione di Se questo è un uomo. Il monito ci sembra quanto mai attuale: venerdì 27 gennaio si celebrerà il Giorno della Memoria, a 72 anni dalla liberazione del campo di Auschwitz da parte dell’Armata Rossa. Fu allora (ma fu veramente solo allora?) che il mondo conobbe in quale abisso l’Europa fosse sprofondata: l’abisso delle leggi razziali, delle persecuzioni, dei campi di concentramento, dei circa sei milioni di ebrei che, fra la fine degli anni ’30 e il 1945, furono deportati e uccisi.
La Repubblica italiana ha istituito il Giorno della Memoria con una legge approvata il 20 luglio 2000, «al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio e a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati». Lo scopo dell’istituzione di una giornata della memoria viene esplicitato più avanti, nell’articolo 2: promuovere iniziative e momenti di riflessione «affinché simili eventi non possano mai più accadere». Destinatarie privilegiate a farsi promotrici di quelle iniziative sono le scuole, di ogni ordine e grado.
A ricordarci che proprio da lì, dalle scuole, bisogna ripartire è stato Adriano Prosperi in un articolo pubblicato su la Repubblica il 24 ottobre 2013. Proprio in quei giorni era stata avanzata in Parlamento una proposta di emendamento all’articolo 414 del codice penale, per estendere la pena del carcere ai negazionisti. Si trattava di una norma penale contro un reato di opinione, come aveva ricordato Prosperi, che non poteva non avere ripercussioni sull’assetto «di un Paese erede dei principi dell’Illuminismo». Ciononostante, poco più di due anni dopo, l’Italia introduceva nel proprio ordinamento tale reato, prevedendo pene dai due ai sei anni di reclusione nei casi di propaganda, istigazione e incitamento fondato «in tutto o in parte sulla negazione della Shoah o dei crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra», come definiti dallo statuto della corte penale internazionale.
Ciò che Prosperi sottolineava nel suo articolo era che oblio e negazione fossero, in sostanza, due facce della stessa medaglia. Oggi che i testimoni diretti stanno via via venendo meno, dobbiamo necessariamente ripensare il ruolo della memoria, interrogarci su come vincere le resistenze a ricordare, comprendere, riflettere, di una società spesso colpevolmente distratta rispetto al destino tragico di una parte di umanità. Colpevolmente distratta durante lo sterminio sistematico degli ebrei, colpevolmente distratta oggi, di fronte al massacro siriano o alle migliaia di morti nel mar Mediterraneo.
L’unico fragile argine che possiamo innalzare contro oblio e negazionismo è dato dunque dalla ricerca della verità storica – una verità non assoluta, ma che sappiamo bene essere frutto di un ‘processo’ – e dalla trasmissione della memoria. Sull’imprescindibile lavoro da fare nelle scuole, Francesca Brunetti, responsabile della Commissione di Parità dell’AICS, che da sempre considera la didattica parte integrante della propria mission, ci ha riferito: «La scuola rappresenta il terreno più fecondo per ‘sviluppare memoria’. Dalla memoria del passato si possono lanciare frecce educative permanenti verso un futuro da fondare sulla libertà e la valorizzazione delle differenze. Soprattutto la memoria va legata e concretizzata, per le nuove generazioni, ad un’attenzione altrettanto forte per il presente, a quello che succede oggi intorno a noi. La scuola, che sia veramente educativa, può aiutare a tenere sveglie le coscienze su ciò che ci circonda, ad accrescere l’immaginazione, la creatività e a sollecitare progetti».
Ripartiamo dalla scuola, dunque e dai più giovani, in particolare. C’è molto lavoro da fare.
Susanna Mantioni